Le percezioni, i sensi, spesso si sostituiscono alla vista, così la mente vola e i pensieri prendono forma, costruiscono spazi e situazioni, danno vita a ciò che possiamo solo immaginare.
La sala doveva essere enorme, non potevo vedere nulla. Ero stretta nel mio abito elegante con una benda di seta nera calata sugli occhi. Tutto era spazio , odori , rumori. I miei tacchi insicuri rompevano il silenzio. Il mio stesso odore colorava i miei pensieri. Ero stata condotta al centro di questo ampio vano. Ero stata lasciata li a pensare e riflettere. Forse delle tende di un tessuto quasi impalpabile, accarezzavano il mio volto rendendomi soffice e, a mio parere, trasparente come loro. A rompere i miei pensieri, una musica, ossessionante , epica e corale. Come un inno al peccato, alla perversione più recondita che anima i nostri incubi. Assordante ed invasiva al punto da costringermi a chinarmi a terra come per evitarla. Fu allora che percepii qualcosa vicino a me. Una presenza mi afferrò ed attirandomi a se con mano decisa, mi costrinse a ballare. I nostri corpi roteavano tra quei drappi, la musica bagnava i nostri istinti. La mia pelle iniziava a spargere odore. L'uomo, che non vedevo, era sicuro e forte. Mi portava dove voleva e come una bambola di pezza ero schiava della sua determinazione e del suo virile silenzio. Non una parola spese ed io stessa tacqui ammaliata e sottomessa con il mio puzzo di eccitata cagna. La musica volse al termine, e, proprio sulle ultime note, l'uomo, con mio forte stupore, mi strappò un capo di dosso. Rimasi spiazzata da quel gesto violento. Ma la sua voce ferma mi indicò la strada: - "cerca il prossimo uomo". Le sue mani mi afferrarono le spalle e con una lieve spinta mi allontanò da lui. Vagai allora senza vista alla ricerca di altre mani. Qualche passo nel buio, solo qualche passo tra l'alito delle sete, altre braccia mi afferrarono. Un'altro ballo. Altri odori ed altri movimenti sulle ali di una musica diversa ma sempre oscena ed invasiva. Io mi muovevo come piegata a quel rito sabbatico. Il mio corpo urlava nel l’estasi di un tormentato tuffo nel l’osceno sentimento del mio desiderio. I miei sensi slittavano inconsapevoli del destino a cui sarei andata incontro. Ancora una volta, mentre il brano stava volgendo al termine, un'altro capo del mio vestito fu strappato ed asportato dal mio corpo. - "Si, un'altro ballo, donna". Di nuovo in balia delle sete alla ricerca del nuovo sconosciuto , delle sue mani virili e del nuovo ballo. Ad uno ad uno sarebbero caduti tutti i miei vestiti. Un ballo dopo l'altro sarei restata nuda, coperta solo della mia eccitazione e della sola mia bramosia. Ero come impossessata dal desiderio di tale evento. Lo desideravo e sottostai a tutti quegli uomini che mi trattavano come una bambola peccaminosa strappandomi ad uno ad uno ogni pezzo di quel vestito che era solo una maschera alla vergogna. La musica era sempre più incessante ed ormai mi rimbombava in testa come una droga. L'ultimo capo sarebbe stato strappato. La curiosità di sapere cosa sarebbe accaduto dopo scuoteva il mio corpo che si muoveva ossessionato dalla curiosità. Ero folle, ero seminuda e sull'orlo di quel precipizio che si chiama desiderio. Ecco, l'ultimo pezzo del mio mosaico mi regalò la completa nudità. Quanti e chi mi stava osservando? Era questo che volevano ? Una donna priva di vergogna ed ebra di voglia? Una bestia affamata ? Questo mi domandai.
Ora la musica era diversa , tribale , solo tamburi. Io volteggiavo cieca tra quelle tende in cerca di una , cento, mille mani. Stavo impazzendo e mi protendevo alla ricerca di qualcuno che non riuscivo a trovare. Come in preda alla follia, rabbiosa e isterica, sfogai la mia ira gettandomi a terra. Strisciando come una belva ferita cercavo colui che avrebbe pasteggiato con il mio corpo. Mi inginocchiai e portando le mani alla testa urlai. Ero bestia , ero carne, ero odore. La musica frustava i miei sensi ed ero nell'oblio totale del desiderio di essere la vittima. Una danza oscena e solitaria la mia. Nuda e bestialmente corrotta nei movimenti. Ad un tratto fui afferrata e sollevata da terra. Quasi cullata da forti braccia, fui trasportata ed adagiata su una superficie gelida. I tamburi erano sempre più incalzanti. Mi trovavo su una sorta di altare, esposta come una vittima sacrificale. Percepivo la loro presenza. Li sentivo tutt'attorno. Qualcosa di liquido scese sul mio corpo, erano oli profumati di mille odori e friutori di sensualità. Una, due, cento mille mani iniziarono a spargerli sulla mia pelle senza nessun indugio. Io ero abbandonata, aperta, spalancata, ormai persa nella mia voglia oscena. Sgorgavo dalla "bocca" gonfia di femmina perversione la bava necessaria affinché tutto si potesse compiere. Il mio corpo vibrava come le corde dell’arpa, mi vedevo nuda e scalza a danzare tra le fiamme di un fuoco fatto di mille lame arroventate. Qualcuno si avvicinò al mio volto e mi strappò la benda di dosso. Rimasi con gli occhi chiusi come timorosa di vedere quello che la mia immaginazione aveva creato. Il maschio davanti a me si muoveva consapevole del mio abbandono. Grugniva nell'allargarmi le gambe. Afferrandomi le caviglie con entrambe le mani, m'impalò senza nessun riguardo prendendomi in modo carnale e feroce. Il suo ariete stava sprofondando nella mia grotta scavando a sua volta nel mio piacere di femmina aperta e spudoratamente sporca di desiderio. La ferocia impressa all'atto mi fece più volte spalancare gli occhi ed urlare di dolore e piacere. Era un palo enorme ed io satura come un fiume in piena tracimavo rumorosamente. Mi agitavo sotto quei colpi incessanti e sempre più rabbiosi. I miei fianchi danzavano sul suo possente ed enorme pene. Ero sua. Le sue mani afferravano la mia pelle unta quasi la volessero strappare dalle ossa e mi piegavano al suo volere, ma mai interruppe la sua monta selvaggia. Scavava nella cagna spalancata e desiderosa di possessione. Ci nutrivamo di nostri sessi consumandoci di piacere come fosse l'ultima nostra opportunità. L'ultimo ballo. Mi dilatavo ed inarcando il mio corpo lo divoravo tutto. Lui, eccitato come una belva affondava in me senza pietà scavando ogni centimetro della mia caverna, scrutandone ogni anfratto incurante dei miei sussulti e delle mie oscene grida. Un forte grugnito anticipò il suo piacere che inondò le mie viscere, fui invasa del seme che il suo cazzo eruttava . Tremavo e sussultavo in preda al l’orgasmo e accolsi sottomessa, poi, la sua brutalità che mi costrinse a scendere dall'altare. Piegata sulle ginocchia davanti a lui, vinta e spossata, sentivo il suo seme colarmi dalla "bocca". Il maschio potente mi costrinse a pulire la sua "testa" tenendomi per i capelli come la peggiore delle cagne. Aprii la bocca ed avvolsi con le labbra quella bestia cercando a mia volta di ingoiarne più che potevo conscia del dover ripulire quello scettro divino dal mio muco. Le mie mani affondavano nella mia stessa carne intrisa di un latte cremoso. Le labbra scivolavano su quel palo, leccavano e ripulivano le tracce del nostro amplesso. Non una parola accompagnò quell'unione bestiale, solo quella musica tribale che sentivo ancora nella mia testa e l'osceno gorgoglio di quel serpente che scavava nelle mie viscere inondate di desiderio. L’uomo si allontanò da me, lasciandomi vinta e stremata a terra. Nella mia umiliazione di femmina stuprata intravidi allontanarsi tra le tende che poco prima furono il mio unico riferimento, le ombre di coloro i quali solo mi sfiorarono e portarono sull'orlo di quella danza carnale. Ebbi il tempo di udire la musica cambiare le sue note e trasformarsi in un dolce tormento come dolce fu i il mio piacere. Inspirando profondamente e sentendo il corpo rilassarsi, lasciai che il sonno prendesse il sopravvento e mi lasciai trasportare in un nuovo incubo .
Alexia Elcano - Sadiana